La tesi assolutamente dominante in materia di responsabilità medica, vuole sia applicata alla condotta dei sanitari, e alla struttura, la responsabilità contrattuale anche quando il contratto manchi (C.C. 16 gennaio 2009 n. 975).
Si tratta di una tutela offerta alle vittime cd. “secondarie”, soggetti diversi dalla vittima primaria, ma in significativo rapporto con quest’ultima poiché la perdita di una persona cara implica necessariamente una sofferenza morale, la quale non costituisce un danno autonomo, ma rappresenta un aspetto-del quale tenere conto, unitamente a tutte le altre conseguenze, nella liquidazione unitaria ed onnicomprensiva del danno non patrimoniale.
Del resto ancor prima della sentenza del 2009 la Cassazione a SS.UU. dell’11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 26974, 26975 aveva sostanzialmente riconosciuto applicabili al settore sanitario i c.d. “contratti di protezione” ove vengono in rilievo gli interessi attinenti la sfera della salute in senso ampio, aggiungendo che, il relativo loro inadempimento, determina la violazione, e la lesione, di diritti inviolabili della persona, cagionando pregiudizi non patrimoniali.
In tal senso è perciò corretto riconoscere tutela contrattuale a particolari soggetti terzi qualificati, – ai quali si estendono gli effetti protettivi del contratto (cfr. Cass. Civ. 589/1999 e successive conformi, ove viene applicato il principio del cd “contatto sociale qualificato”; nonché Cass. Civ. n. 11503/2003 e n. 5881/2000 in tema di tutela, oltre alla gestante, al nascituro, subordinatamente alla nascita; infine, in tema di omessa diagnosi di malformazioni del feto, e conseguente nascita indesiderata, Cass. Civ. n.6735/2002; n. 14488/2004; n. 20320/2005).