Corte di Cassazione, sez. VI Civile, 16 giugno 2021, n. 17058
Normalmente il venditore risponde per i vizi della cosa venduta a meno che essi non fossero presenti e palesi al momento dell’acquisto e, perciò, siano stati dallo stesso accettati. La sentenza sopra richiamata, però, in caso di immobile vetusto, pone a carico dell’acquirente un onere di diligenza consistente nell’imporre di verificare se non i veri e propri vizi, quantomeno le cause della loro possibile verificazione. La garanzia ex art. 1490 c.c. sarebbe pertanto esclusa tutte le volte in cui a norma dell’art. 1491 c.c. il vizio era facilmente riconoscibile e sempre salvo che il venditore non abbia espressamente dichiarato che la cosa ne era immune . In pratica, secondo la Cassazione, chi acquista un immobile di non recente costruzione all’onere di verificare con cura le condizioni di manutenzione al fine di individuare l’esistenza di vizi ” facilmente conoscibili“. L’apprezzamento va ovviamente fatto con riferimento al caso concreto laddove, oltre ad una costruzione risalente nel tempo, vi era stata una riduzione del prezzo proprio per le condizioni dell’immobile e dello stabile in generale. Occorrerà poi differenziare le caratteristiche intrinseche dell’immobile, che determinano vizi compatibili con uno stato di vetustà, da veri e propri difetti che esulano, invece da una costruzione vecchia di decenni e, pertanto, rappresentano un deficit dell’immobile indipendentemente dalle tecniche costruttive applicate.
In presenza di un’effettiva diminuzione delle capacità di reddito dovuta all’emergenza Covid-19, può essere richiesta la diminuzione del contributo al mantenimento a favore del coniuge o della prole, rientrando gli effetti della pandemia in corso fra i “fatti notori” a conoscenza del Giudice.
“Ex art. 156 c.c. l’onere di provare la sussistenza dei presupposti per beneficiare dell’assegno grava sul coniuge richiedente, che tuttavia non è tenuto a dare dimostrazione specifica e diretta dei presupposti legittimanti il suo diritto, essendo sufficiente che deduca anche implicitamente una condizione inadeguata a mantenere il precedente tenore di vita, ferma restando la possibilità dell’altro coniuge di contestare la pretesa inesistenza o insufficienza di reddito o sostanze, indicando beni o proventi che evidenzino l’infondatezza della domanda” (cfr., ex multis, Cass. civ., sez. 1, n. 17136 del 27 agosto 2004).
Tale onere, che assume carattere rigoroso in ipotesi di istanza di modifica delle statuizioni in ordine all’obbligo e alla riduzione dell’assegno di mantenimento già assunte dal presidente, in via d’urgenza, e dal giudice istruttore nel corso del giudizio di separazione, può trovare un contemperamento nel cd. “fatto notorio” ex art. 115 c.p.c., istituto cui è possibile ricorrere con riferimento al fattore dalla crisi economica derivante dal lungo periodo di chiusura e limitazioni della attività commerciali su base nazionale o regionale per fronteggiare l’emergenza pandemica”.
Tanto precisa, in un interessante articolo apparso su “Il Quotidiano Giuridico” edito online da Walters Kluwer riportante tutta la casistica in materia redatto dal Dottor Nocera Andrea – Magistrato – Corte di Cassazione Ufficio del Massimario e del Ruolo.
L’’“institutio ex re certa” contempla l’assunzione della qualità di erede da parte di chi è stato chiamato a succedere in beni e diritti determinati. Cosa accade se dopo il testamento ma prima della morte detti beni vengono alienati dallo stesso testatore?
La Suprema Corte con la pronuncia n. 6972 del 17.03.2017, ha precisato che nel caso in cui venga alienato un bene che formava oggetto di institutio ex re certa, la disposizione testamentaria in questione deve reputarsi revocata in virtù della stessa natura di tale istituto quando la fuoriuscita del bene dal patrimonio del testatore stravolga del tutto l’assetto tenuto a mente da quest’ultimo per il tempo successivo alla sua morte.

Vademecum sull’assegno di mantenimento in sede di separazione e divorzio. Una guida completa su Altalex.
Tempi duri per tutti anche per i proprietari di immobili affittati ad inquilini in ritardo con il pagamento dei canoni.
Il testo del decreto cosiddetto Milleproroghe prevede che «la sospensione dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio degli immobili, anche ad uso non abitativo, prevista dall’articolo 103, comma 6, del decreto – legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2020, n. 27, è prorogata sino al 30 giugno 2021 limitatamente ai provvedimenti di rilascio adottati per mancato pagamento del canone alle scadenze e ai provvedimenti di rilascio conseguenti all’adozione, ai sensi dell’articolo 586, comma 2, c.p.c., del decreto di trasferimento di immobili pignorati ed abitati dal debitore e dai suoi familiari».
Ciò significa che i proprietari che hanno agito avanti all’autorità giudiziaria per ottenere il rilascio del loro immobile, in quanto l’inquilino non paga il canone subiscono, purtroppo, la sospensione decisa legislativamente fino al 30 giugno 2021 anche avendo ottenuto precedentemente un provvedimento di convalida dello sfratto per morosità.
Sgombrato il campo dai soggetti che effettivamente avevano diritto a beneficiare della detta proroga per aver perso il lavoro o la propria fonte di reddito, rimane comunque una pletora di soggetti già di per sé morosi, o comunque intenzionati a non adempiere pur avendone le possibilità che approfitteranno di questo ennesimo provvedimento di dubbia efficacia.
Niente canone per smartphone, tablet e pc a favore della RAI Legislatura XVI – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 680 del 23/02/2012
Vizi della cosa venduta
A volte nella prassi, principalmente quando non ci si affida ad operatori esperti, si vuole riportare nel contratto di compravendita di un bene mobile o immobile l’espressione “visto e piaciuto” riferita al bene oggetto di trasferimento. Ciò principalmente con l’intenzione di escludere, un domani, qualsivoglia garanzia per vizi. In realtà la giurisprudenza ha preso posizione in merito stabilendo, con un orientamento maggioritario, che le parti, con la pattuizione anzidetta, derogherebbero alla garanzia per i soli vizi palesi o quelli taciuti malafede, rimanendo comunque operante, anche in presenza della detta clausola, la garanzia per i vizi occulti o per quelli manifestatisi successivamente. Attenzione perciò all’utilizzo di tale espressione poiché, essa vale nell’ambito appena descritto e con i limiti anzidetti. Più ampie e diverse deroghe ai sensi dell’articolo 1490 comma 2 c.c. è opportuno vengano espressamente precisate e menzionate, salva sempre la garanzia per comportamenti tenuti dal venditore in malafede.
La Corte di Appello di Messina, sez. I Civile, decreto n. 165/12; depositato il 19 gennaio ha stabilito che all’ex coniuge, a favore del quale sia stato stabilito un assegno di mantenimento, il versamento può essere revocato, o ridotto, qualora lo stesso intraprenda una nuova convivenza more uxorio con altro soggetto; ciò in quanto la nuova convivenza con persona lavoratrice e percettrice di reddito comporta, di fatto, un miglioramento della situazione economica del beneficiato.
Pur premettendo che ogni caso ha la sua risposta si può affermare, in linea generale, fare le seguenti riflessioni.
Ciò con l’intento di orientare, almeno in prima battuta il lettore.
La possibilità di richiedere con successo un risarcimento non può prescindere dal corretto assolvimento dell’onere della prova da pare del danneggiato il quale deve dimostrare la sussistenza di una situazione di pericolo basata su due requisiti specifici: l’uno soggettivo, l’imprevedibilità, l’altro oggettivo, l’inevitabilità. In pratica deve trattarsi di insidia o trabocchetto, ovvero di un pericolo occulto non prevedibile con l’ordinaria diligenza.
La prevedibilità consisterebbe in una serie di elementi di fatto, che farebbero rappresentare nella mente del soggetto impegnato nell’azione la rappresentazione di un possibile imminente pericolo suggerendo così di procedere con grande prudenza ed attenzione.
Per quanto concerne l’elemento della inevitabilità esso si aggancia alla visibilità. Sul punto si ritiene non essere sufficiente l’accertamento dell’astratta possibilità meccanica di una tempestiva percezione del pericolo, dovendosi considerare che lo stato soggettivo, in cui legittimamente versa il soggetto coinvolto, può incidere in misura determinante su tale elemento obiettivo, ritardando il momento dell’avvistamento.
I predetti requisiti, influenzandosi reciprocamente, devono concorrere in stretta connessione all’accertamento della figura che viene generalmente definita insidia stradale.
Il danneggiato dovrà dare prova dell’anomalia del bene (strada e perciò manto stradale) mentre l’amministrazione dovrà dimostrare i fatti impeditivi della propria responsabilità, quali la possibilità in cui l’utente si sia trovato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la suddetta anomalia o l’impossibilità di rimuovere, adottando tutte le misure idonee, la situazione di pericolo. E sotto questo profilo, prenderà grado in punto di addebito della colpa, il non aver vigilato ed essersi tempestivamente attivata per il ripristino della situazione di pericolo.
Rimedi contro il rifiuto, o la non corretta gestione, del diritto di visita del genitore non affidatario.
Spesso mi viene domandato se il genitore non affidatario (di solito il padre) abbia un vero proprio obbligo di ottemperare al diritto di visita stabilito in sede di separazione o di divorzio e cosa succeda qualora egli lo violi.
Occorre premettere che, durante la separazione, le regole impartite ai genitori per rapportarsi in futuro con i figli privilegiano senz’altro l’interesse morale e materiale della prole, e quelle situazioni che appaiono idonee a ridurre al massimo le conseguenze (spesso traumatiche) derivanti dalla disgregazione della famiglia. Regole improntate ad assicurare il migliore sviluppo della personalità dei figli.
Ciò detto, grava su entrambi i genitori il “diritto-dovere” di mantenere, istruire ed educare i figli, il quale a sua volta viene individuato nell’art. 30, comma primo costituzione ed inserito, dall’art. 147 c.c., fra gli effetti del matrimonio.
Orbene, perciò, l’esercizio del diritto di visita del genitore non affidatario, non è solo una semplice facoltà (come a volte pare venga interpretata), bensì un vero e proprio dovere, da svolgere nell’interesse dei figli, al fine di garantire il rapporto tra essi ed i genitori fisicamente meno presenti.
Cosa capita, quindi, quando genitore non affidatario rifiuta, omette, trascura di esercitare correttamente diritto di visita? Intendendosi con ciò anche quelle situazioni in cui vengono gravemente violati gli orari di prelievo e di consegna, oppure le giornate, non vengono rispettati i programmi stabiliti nelle condizioni di separazione.
Purtroppo non ci sono rimedi giudiziari che possano – in modo semplice – obbligare materialmente il coniuge “trasandato” (tecnicamente “inadempiente” sotto il profilo giuridico) a rispettare il suo obbligo di visita. Appare astrattamente percorribile la strada prevista dall’articolo 612 c.p.c. (esecuzione forzata degli obblighi di fare) ma ciò pare molto più semplice a dirsi che a farsi, poiché far eseguire al genitore inottemperante un suo obbligo di visita, a mezzo ufficiale giudiziario, quando c’è in ballo la vita di un bambino, provoca verosimilmente molti più danni che vantaggi.
Al genitore affidatario quindi non resterà che “rassegnarsi” con la consapevolezza che azioni giudiziarie dirette ad obbligare l’ex coniuge assenteista a rispettare i tempi e orari di visita, si ripercuoteranno più sui minori, che su altri, con scarsi risultati apprezzabili…
Sotto l’altro profilo delle conseguenze, invece, si può segnalare che il mancato esercizio può comportare la decadenza dalla potestà parentale, ai sensi dell’art. 330 c.c., e integrare gli estremi del reato di cui all’art. 570 c.p.
Inoltre, il mancato adempimento può comportare una responsabilità nei confronti dei figli, e poi dare luogo anche ad una responsabilità nei confronti del coniuge affidatario.
Come sempre accade, ai fini risarcitori, il danno deve essere provato; occorre perciò l’esistenza di un danno (per esempio nella lesione della sua serenità personale, o in un pregiudizio